Oltre alla necessità di assicurare che l’Organismo di Vigilanza possegga, anche nella sua collegialità, gli attributi di autonomia, indipendenza, professionalità e continuità d’azione, possono essere nominate:
- Persone fisiche, già in relazione con la società (ad esempio: responsabile internal auditing, amministratori indipendenti)
- Soggetti esterni alla società (ad esempio, consulenti, sindaci).
I componenti dell’Organismo di Vigilanza devono sviluppare un documento chiamato “Regolamento OdV” per specificare le linee guida che saranno saranno adottate per autoregolamentare il proprio funzionamento.
I requisiti ulteriori in capo ai singoli componenti risiedono nei concetti di onorabilità e moralità; in particolare, non è raccomandabile nominare una persona dichiarata fallita, o condannata, anche con sentenza non ancora definitiva e irrevocabile, per fatti connessi all’incarico presso l’Organismo, per uno dei reati sanzionali dalla 231, per fatti che incidono comunque sulla sua onorabilità e moralità professionale, o che comunque comportino l’interdizione dai pubblici uffici, dagli uffici direttivi delle imprese e delle persone giuridiche, da una professione o da un’arte o l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione.
Requisiti e composizione dell’Organismo di Vigilanza OdV231
Premessa
L’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 (in seguito, il “Decreto”) prevede, quale requisito di efficacia del modello di organizzazione, gestione e controllo adottato a fini di prevenzione dei reati (in seguito, il “Modello”), che l’Ente non risponde se prova che “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo” [comma 1, lett. b)] e che non si sia verificata “omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo” de quo [comma 1, lett. d)].
Il ruolo assegnato all’Organismo di Vigilanza (nel seguito anche “Organismo” o “OdV”) risulta pertanto rilevante ai fini della definizione della portata esimente del Modello; l’inadempimento dei propri compiti da parte dell’OdV (così come, a maggior ragione, la mancata nomina di un OdV a presidio del Modello) potrebbe comportare per l’Ente l’impossibilità di avvalersi dell’esimente prevista dall’art. 6 del Decreto, anche se il Modello risultasse adeguato e completo sotto ogni altro punto di vista.
Scopo del presente documento è approfondire i requisiti che norma, prassi e giurisprudenza richiedono per l’OdV affinchè possa efficientemente adempiere ai compiti previste dal Decreto. Per ovvie ragioni di carattere sistematico occorre peraltro, in primo luogo, declinare sia pure in massima sintesi i compiti di
- Vigilanza sull’osservanza del Modello
- Supervisione sul funzionamento del Modello
- Attivazione in merito all’aggiornamento del Modello assegnati all’Organismo dalla norma.
A tal fine il riferimento ad un benchmark appare indispensabile, attese complessità ed ampiezza dei compiti in parola. La scelta, in tal senso, del c.d. COSO Report1 sembra appropriata, in quanto il COSO Report rappresenta il più diffuso modello di riferimento per l’impostazione, gestione e valutazione del sistema di controllo interno, di cui l’impianto indicato dal Decreto può essere considerato un sottoinsieme, afferente principalmente all’ambito compliance.
Come è stato osservato nel Position Paper dell’Associazione Italiana Internal Auditors (AIIA), “i cinque componenti (…) in cui si articola il modello di controllo interno proposto dal COSO sono, di fatto, ripresi nei modelli proposti dalle FSG (Federal Sentencing Guide- lines), nonché dalla dottrina in materia di efficacia dei codici di comportamento”; vi è quindi un riconoscibile fil rouge che, con l’interposizione delle Federal Sentencing Guidelines, collega il modello proposto dal COSO Report al Modello introdotto dal Decreto.
In effetti, l’attuazione delle attività di compliance secondo la declinazione proposta dal COSO Report si presenta sovrapponibile rispetto alle esigenze del Modello e compatibile con le finalità perseguite dal Decreto, con l’evidente vantaggio, per l’OdV, di poter fruire della solida base concettuale e delle esperienze attuative maturate in merito nel tempo.
L’approccio unitario del sistema di controllo interno proposto dal COSO Report – i cui componenti, pur differenziati, sono avvinti da reciproche interrelazioni – presuppone che anche le attività di controllo dell’OdV siano svolte in termini integrati, lungo le componenti del sistema.
A ben vedere:
- L’attività di controllo sull’internal environment si rivolge, per quanto afferisce più strettamente all’ambito compliance, alle verifiche circa l’esistenza ed osservanza di un adeguato codice etico e di un sistema disciplinare, l’ordinata declinazione del sistema organizzativo in termini di struttura e di attribuzioni di poteri/responsabilità, il coinvolgimento del management nell’ambito della diffusione delle prescrizioni del Modello
- L’attività relativa a event identification, risk assessment e risk response si esplicita in controllo dei processi di identificazione dei rischi, definizione delle attività sensibili in relazione alla probabilità di commissione dei reati, definizione delle strategie di risposta
- La verifica delle control activities comporta l’analisi dell’adeguatezza dei controlli preventivi, e quindi degli standard generali e degli standard specifici (definiti in termini di principi di comportamento e procedure, manuali ed informatiche) in relazione alle singole attività sensibili
- Il controllo sulle attività di information and communication comporta l’analisi dell’efficienza dei canali di comunicazione interni aziendali, con particolare riferimento a quelli in relazione ai quali l’Organismo assume una posizione di centralità e di raccordo tra organizzazione e top management
- Il monitoring si esplica nell’attività di verifica sull’adeguatezza di progettazione, aggiornamento e operatività del Modello organizzativo
L’attività dell’OdV è quindi pregnante in termini di verifica sulle attività di predisposizione ed assessment dei sistemi di controllo interno, per la parte di essi che riguarda la compliance e, più in particolare, la prevenzione del rischio di commissione dei reati pre- supposto, ai sensi del Decreto, della responsabilità penale dell’Ente. È peraltro da sottolineare che tale compito, di verifica e assessment degli strumenti di prevenzione, è ben diverso dalla diretta prevenzione della commissione di reati, compito questo che non può essere in alcun modo ricompreso tra quelli dell’OdV.
Se l’OdV deve poter svolgere efficacemente i compiti attribuiti dalla norma, così declinati attraverso il modello valutativo rappresentato dal COSO report, è evidente che, come anche sottolineato dalla giurisprudenza, deve disporre di reali poteri di “iniziativa, autonomia e controllo”, e “non dovrà avere compiti operativi che, facendolo partecipe delle decisioni dell’ente, potrebbero pregiudicarne la serenità di giudizio al momento dell’effettuazione delle verifiche”.
È poi del tutto condivisibile che, come affermato in giurisprudenza, l’Organismo debba essere formato da soggetti – anche, ma non necessariamente, esterni – forniti della necessaria professionalità; ed altresì che l’Organismo, come pure affermato dalla giurisprudenza, debba essere in grado di assicurare “continuità d’azione”.
Indipendenza, autonomia, professionalità, onorabilità e continuità d’azione sono quindi, in definitiva, i requisiti richiesti all’OdV, oggetto di analisi del presente documento.
Giova sottolineare che, ai fini del giudizio di efficacia del Modello, la sussistenza dei requisiti in esame deve essere verificata sia sotto il profilo formale, sia sostanziale; deve essere, in altri termini, sia palese dalla lettura del Modello, sia in essere de facto nell’ambito dell’operatività dell’Organismo.
In effetti un giudizio sui requisiti dell’OdV basato sulla mera lettura del Modello, senza alcun riscontro sul concreto operato dell’OdV, rischia a tutta evidenza di sortire un giudizio astratto di efficacia o inefficacia allo stato potenziale. Daltro canto, la non corretta declinazione in termini formali di una realtà anche sostanzialmente corretta o espone al rischio di successive deviazioni verso soluzioni meno accettabili o rende aleatoria la verifica “esterna” da parte del giudice penale.
È peraltro da osservare che la concreta sussistenza dei requisiti dell’OdV non può che comportare l’efficacia (almeno sotto quel profilo) del Modello al momento dell’analisi, a prescindere dall’eventuale necessità, per prevenire disfunzioni future, di una miglior formalizzazione.
Il requisito di onorabilità
Il “requisito” di onorabilità dei componenti dell’OdV non è esplicitamente previsto dal Legislatore; peraltro, esso si impone per motivi ovvi (anche solo di credibilità del Modello).
In effetti, le indicazioni giurisprudenziali rilevano come sia imprescindibile la verifica, in concreto, della “[..] sussistenza dei requisiti di indipendenza, autonomia, onorabilità e professionalità dei suoi membri [..]”.
Il requisito in parola è noto all’ordinamento; in effetti, l’onorabilità è richiamata dal codice civile e dalle leggi speciali nei seguenti casi:
- Carica di amministratore, che potrebbe essere subordinata, ai sensi di statuto, al possesso – tra l’altro – di speciali requisiti di onorabilità, anche con riferimento a quanto previsto da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati (art. 2387 c.c.)
- Carica di amministratore nel modello monistico (art. 2409-noviesdecies c.1 c.c.)
- Carica di componente del comitato per il controllo sulla gestione nel modello monistico (art. 2409-octiesdecies c.2 c.c.)
- Carica di componente del consiglio di gestione nel modello dualistico (art. 2409- undecies c.1 c.c.)
- Carica di componente del consiglio di sorveglianza nel modello dualistico (art. 2409- duodecies c.6 c.c.)
- Carica di sindaco (art. 2397 c.2 c.c.)
- Carica di amministratore e sindaco nelle società che svolgono attività bancaria e di intermediazione finanziaria (artt. 26 e 109 del D.Lgs. n. 385/1993, che richiamano il DM 30 dicembre 1998, n. 516)
- Carica di sindaco nelle società quotate (art. 148 c. 4 del D.Lgs. n. 58/1998, che richiama il DM 30 marzo 2000, n. 162).
Ai fini che qui interessano, il requisito di onorabilità potrebbe essere definito secondo le modalità già individuate dal nostro Legislatore per tali ruoli; incrociando le relative prescrizioni, e scegliendo comunque le statuizioni più severe, ne discende che l’ordinamento non riconoscerebbe lato senza requisiti di onorabilità, ad esempio, a coloro che:
- Si trovano in stato di interdizione temporanea o di sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese
- Si trovano in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dall’art. 2382 del codice civile
- Sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 o della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni e integrazioni, salvi gli effetti della riabilitazione
- Hanno riportato condanna, anche se con pena condizionalmente sospesa, salvi gli effetti della riabilitazione per uno dei delitti previsti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), per uno dei delitti previsti dal titolo XI del Libro V del codice civile (società e consorzi), per un delitto non colposo, per un tempo non inferiore a un anno, per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’economia pubblica, per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento.
Anche le Linee Guida di Confindustria confermano che i requisiti “[..] di onorabilità [..] potranno anche essere definiti per rinvio a quanto previsto per altri settori della normativa societaria [..]”, anche se, naturalmente, possono essere definiti profili di onorabilità anche differenti da quelli sopra indicati; una soluzione del genere, in effetti, è coerente sia con il dettato del codice civile in materia di sindaci (art. 2387 c. 1 c.c., peraltro richiamato anche per tutte le altre figure professionali prima citate), secondo il quale: “[..] lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità [..]”, sia con le Linee Guida di Confindustria, per cui la disciplina del requisito di onorabilità può essere prevista mediante rinvio allo statuto sociale.
Alcune pronunzie giurisprudenziali sembrano considerare con particolare severità i contorni del requisito di onorabilità, che verrebbe meno anche a seguito di condanna non passata in giudicato; osservano i Giudici che, diversamente operando, un soggetto condannato in primo grado, ad esempio, per corruzione, potrebbe far parte di un OdV, ed è in tal senso che apparirebbe “veramente eccessivo pretendere [..] che la sentenza sia diventata irrevocabile”.
Tale indirizzo confligge, a tutta evidenza, con la presunzione di non colpevolezza vigente nel nostro ordinamento; peraltro, poiché il contorno del requisito di onorabilità non è imposto dalla norma, nulla vieta (tenuto conto anche degli attuali orientamenti giurisprudenziali) che i Modelli prevedano requisiti rigorosi quale, appunto, la ineleggibilità/
decadenza immediata anche a fronte di una sentenza non definitiva, emessa a fronte della commissioni di reati che prevedano la perdita dell’onorabilità nelle fattispecie disciplinate dalla legge, e comunque (laddove non siano in esse ricompresi) per i reati presupposto della responsabilità degli enti ai sensi del Decreto.
Previsioni siffatte sembrano – a ben vedere – opportune; se da un lato è improbabile che un soggetto già condannato per un reato che comporta la perdita dell’onorabilità (o per un reato che presuppone la responsabilità dell’Ente), sia chiamato a far parte di un OdV, è meno di scuola il caso di una sopravvenuta condanna. La previsione da parte del Modello di un meccanismo, in tale caso, di automatica decadenza, consentirebbe di evitare situazioni di disagio reputazionale (e anche possibili malfunzionamenti) per l’OdV, nonché di imbarazzo per l’Ente.
Fermo restando che, è appena il caso di sottolinearlo, la mera sottoposizione di un soggetto ad indagini non può avere rilevanza con riferimento al profilo qui in esame.
Il requisito di professionalità
Anche il “requisito” di professionalità dei componenti dell’OdV non è esplicitamente richiamato dal Legislatore; peraltro, in sede giurisprudenziale è stato chiaramente affermato che un Modello è carente se “[..] non vi è alcuna indicazione sulla professionalità richiesta ai membri del OdV. In particolare non è richiesto che i medesimi abbiano precipue competenze di attività ispettiva, consulenziale ovvero la conoscenza di tecniche specifiche, idonee a garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo ad esso demandati [..]”.
Similmente, le Linee Guida di Confindustria individuano – quale connotato precipuo dell’OdV – proprio la professionalità, intesa come il “[..] bagaglio di strumenti e tecniche che l’Organismo deve possedere per poter svolgere efficacemente l’attività assegnata [..]”.
Occorre quindi chiedersi quale sia il bagaglio professionale richiesto all’OdV, chiamato ad interpretare sul piano aziendale fenomeni, transazioni, comportamenti ecc., regolati (anche) da norme penali: in effetti, gli ambiti disciplinari interessati spaziano dai profili organizzativi e di controllo interno aziendale, a profili giuridici (soprattutto, ma non soltanto,
penalistici), a profili infine tecnici di diversa natura.
In merito, la sempre maggiore varietà delle fattispecie normative potrebbe portare come conseguenza la necessità di un elevato numero di componenti, al fine di poter assicurare un presidio accurato e competente; è evidente che si porranno sempre più, in futuro, scelte di non agevole soluzione in relazione al trade-off tra la necessità di assicurare un’azione di vigilanza tecnicamente competente e l’esigenza di non togliere snellezzae operatività all’OdV.
In effetti, a ben vedere, l’OdV deve possedere le necessarie competenze per poter mettere in atto molteplici attività: di campionamento statistico, in termini di analisi e valutazione dei rischi; di apprezzamento delle misure per il contenimento dei rischi medesimi; di analisi di flow-charting di procedure e processi; di disamina delle tecniche di intervista e di elaborazione dei questionari; di apprezzamento delle metodologie poste in essere per l’individuazione di frodi.
Rilevanti, naturalmente, sono anche le competenze di natura giuridica richieste all’OdV, se si considera, come osservato nelle Linee Guida di Confindustria, che la disciplina del Decreto è “[..] in buona sostanza una disciplina penale e che l’attività dell’OdV (ma forse sarebbe più corretto dire dell’intero sistema di controllo previsto dal decreto in parola) ha lo scopo di prevenire la realizzazione dei reati [..]”.
Un profilo che sta assumendo una rilevanza crescente, da ultimo, sembra essere quello della expertise tecnica, in ragione delle sempre più “mirate” tipologie di reato che il Legislatore intende colpire con la responsabilità amministrativa.
Professionalità e composizione dell’OdV, nel rispetto di indipendenza e continuità d’azione
Quanto dianzi osservato con riferimento alla necessità di disporre di diverse professionalità, porta a privilegiare, quantomeno con riferimento alle realtà di maggiore dimensione e complessità, il ricorso a una composizione collegiale dell’OdV.
La composizione collegiale deve poi essere declinata nella ricerca del giusto mix tra professionalità esterne all’Ente, in grado di conferire autorevolezza ed indipendenza all’OdV, e soggetti interni (ma avulsi dall’operatività gestionale dell’Ente), questi ultimi gli unici, a ben vedere, in grado di assicurare da un lato, approfondita conoscenza dei profili organizzativi e gestionali dell’Ente, dall’altro lato la continuità d’azione richiesta dalla norma e dalla prassi.
Ne discende che la composizione ideale dell’OdV vede la compresenza di professionalità diverse (ai fini dell’efficacia dell’azione) e di componenti sia esterni, sia interni (per contemperare indipendenza e continuità).
In termini di composizione dell’OdV, dalle considerazioni fin qui svolte sembrerebbe discendere l’indicazione dell’internal auditor (ove presente, come peraltro è – nella maggior parte dei casi – nelle realtà di maggiori dimensioni e complessità) quale componente d’elezione dell’Organismo; il suo posizionamento in staff ne assicura l’indipendenza e, per definizione, il suo ruolo è tale da escludere compiti operativi. Il requisito della professionalità è garantito in re ipsa, così come quello della continuità d’azione.
In materia di composizione degli OdV, in termini più generali, si può affermare che ciascuna delle altre figure di volta in volta individuate dagli interpreti quali possibili componenti dell’OdV sembra garantire pienamente il soddisfacimento (soltanto) di alcuni requisiti richiesti a quest’ultimo nel suo complesso, evidenziando per altro verso l’opportunità che gli ulteriori requisiti vengano presidiati da figure aventi caratteristiche diverse; quantomeno per gli enti di medio-grande dimensione, la necessità della forma collegiale e la compresenza di componenti esterni ed interni sembra discendere necessariamente.
In merito, le indicazioni delle Linee Guida di Confindustria ammettono, nel caso di un organismo collegiale, la presenza di un amministratore indipendente o di un sindaco, o ancora del responsabile della funzione legale, oppure ancora ritengono plausibile assegnare le funzioni dell’Organismo al Comitato di Controllo Interno (Audit Committee) in seno al consiglio di amministrazione.
Sul punto vi è copiosa dottrina, alla quale si rinvia; pare del tutto condivisibile, in merito, quanto espresso nelle Linee Guida di Confindustria , che auspicano una composizione in grado di esprimere le diverse competenze di provenienza interna (ad esempio legale, di controllo interno, di gestione del personale) unitamente alla presenza di uno o più amministratori indipendenti che “diano garanzia di effettività sul controllo dell’alta amministrazione e di omogeneità di indirizzo” e di esperti esterni che assicurino un qualificato apporto in termini di professionalità.
L’obiezione circa la (possibile) mancanza di indipendenza di taluni dei componenti risulta superata, nella visione delle Linee Guida di Confindustria , dal giudizio di indipendenza dell’organismo nel suo insieme: “la collegialità della funzione e la provenienza dei suoi componenti dalle diverse “anime della società” (la base, il vertice, il controllo) possono costituire elementi che favoriscono la dialettica interna e l’indipendenza dei suoi membri dalle singole aree di appartenenza”.
Parimenti, le linee guida di Confindustria osservano sul punto che “Con riferimento all’OdV a composizione plurisoggettiva ci si deve chiedere se i requisiti di autonomia ed indipendenza siano riferibili all’Organismo in quanto tale ovvero ai suoi componenti singolarmente considerati.
Si ritiene che con riferimento ai componenti dell’Organismo reclutati all’esterno i requisiti di autonomia ed indipendenza debbano essere riferiti ai singoli componenti. Al contrario, nel caso di composizione mista dell’Organismo, non essendo esigibile dai componenti di provenienza interna una totale indipendenza dall’ente, il grado di indipendenza dell’Organismo dovrà essere valutato nella sua globalità”.
La posizione delle linee Guida di Confindustria, in altri termini, è chiara nell’invito a superare pregiudizi legati alla singola funzione, e ad apprezzare invece la composizione dell’organismo in primo luogo nella sua dimensione operativa; ad esempio, è indubbio che un organismo caratterizzato dalla presenza di amministratori indipendenti a fungere
da trait d’union con il Board, di consulenti esterni scelti in base alle loro caratteristiche di professionalità e competenza specifica, di membri dell’organizzazione che ben conoscono la realtà aziendale, non può che massimizzare e contemporaneamente valorizzare i profili di autorevolezza e autonomia, professionalità e continuità d’azione. E’ parimenti indubbio, a ben vedere, che l’obiezione circa la (possibile) mancanza di indipendenza del singolo viene, nel caso di specie, a perdere di pregnanza.
La possibile eccezione, dianzi in parte esaminata, alla prassi che vede sempre più sovente Organismi collegiali è quella relativa agli enti di piccole dimensioni, per i quali la norma consente che i compiti dell’Organismo siano assunti dall’organo dirigente (par di comprendere al massimo livello); in tali circostanze, in effetti, l’unico scopo del Modellonon può che essere quello di esimere l’Ente da responsabilità per i reati commessi dai sottoposti, essendo di fatto impossibile disgiungere la volontà dell’Ente da quella dell’organo dirigente (nelle imprese di piccole dimensioni spesso identificato con la proprietà).
Le indicazione della prassi circa la composizione dell’OdV
È sempre più diffuso – sia per quanto riguarda la dottrina economico aziendale, sia per quanto riguarda gli studi di matrice giuridica – il convincimento che indicazioni importanti per evidenziare tendenze, e proporre ragionatamente affermazioni non meramente assertive, provengano non solo da analisi speculative ma anche dall’esame di significativi correlati empirici. In merito, da un lato i profili relativi a tipologia e composizione dell’OdV sono stati sovente oggetto di analisi; dall’altro lato, la numerosità dei campioni esaminati consente di discernere convergenze circa il miglior modo di assicurare, tramite la ricerca dell’ottimale composizione, efficienza ed efficacia agli OdV. Da ciò è possibile ricercare uniformità relative e – quindi – indicazioni significative in termini prescrittivi.
Indipendenza, durata dell’incarico e possibilità di revoca dell’OdV
La composizione dell’Organismo non è, d’altra parte, l’unico fattore che può influenzarne l’indipendenza; rilevanti, a tal fine, sono anche le previsioni che devono essere necessariamente contenute nel Modello circa la durata dell’incarico e la possibilità di revoca.
Il punto relativo alla durata dell’incarico, come è naturale, riguarda principalmente (se non esclusivamente) i componenti esterni: per quanto riguarda i componenti interni, infatti, dovrebbero far parte dell’Organismo le persone che pro tempore rivestono la relativa posizione organizzativa individuata dal Modello. In merito, è da condividere l’orientamento, spesso indicato dalla prassi applicativa, in ragione del quale la durata dell’incarico non deve essere breve; un utile riferimento, a tal fine, potrebbe essere la durata in carica del collegio sindacale, salvo prevedere che, naturalmente, ove nell’OdV siedano componenti degli organi sociali, questi decadano in caso di cessazione dalla relativa carica.
La possibilità di revoca di un componente dell’Organismo, o dell’Organismo in toto, non è stata disciplinata dal legislatore; la delicatezza dell’argomento avrebbe fatto preferire la soluzione opposta. Appare pertanto opportuno che l’argomento sia oggetto di trattazione nel Modello, che – ai fini di tutelare il requisito dell’indipendenza – dovrebbe prevedere la possibilità di revoca di un componente dell’Organismo, o dell’Organismo nel suo complesso, in ben precise e delimitate circostanze; tra queste, ad esempio, la perdita dei requisiti di onorabilità, oppure la conclamata mancanza di impegno e continuitàd’azione nello svolgimento dei compiti istituzionali; la revoca o sostituzione dell’Organismo potrebbero essere previste – ma la fattispecie assume contorni di maggiore delicatezza – anche nel caso di imperizia.
Ulteriore problema, di non facile soluzione, è definire quale sia l’organo che può esercitare la revoca dell’Organismo, o di componenti del medesimo; si dovrebbe ipotizzare che sia il medesimo che ha provveduto alla nomina, e quindi – in linea di massima – al Consiglio di Amministrazione. In merito, appare ovviamente opportuna la previsione, delle soluzioni più garantiste e maggiormente volte a minimizzare il rischio di revoche strumentali.
Indipendenza e compenso da riconoscere all’OdV
Il Decreto non detta alcuna disposizione in materia di compenso da riconoscere ai componenti dell’OdV; il tema non risulta essere stato ancora preso in esame né in giurisprudenza né, se non per sommi cenni, in dottrina. Si tratta peraltro di un tema di notevole rilevanza, per le sue implicazioni riguardanti i profili di indipendenza dell’OdV medesimo e dunque, più in generale, il giudizio di idoneità del Modello.
Il primo punto da esaminare, a tale proposito, è la debenza o meno del compenso in parola.
In merito, pare si possa affermare che per un incarico quale quello di componente dell’OdV dovrebbe essere comunque prevista una remunerazione. Da un lato, lo svolgimento di attività che esulano rispetto ai compiti istituzionali, suggerisce ex se l’attribuzione di un compenso; dall’altro lato, l’esecuzione di attività di controllo che potrebbero anche rientrare nei compiti istituzionali non giustifica necessariamente la gratuità dell’incarico, in ragione delle accresciute responsabilità che, ceteris paribus, il componente dell’OdV assume con la nomina.
Tanto premesso, motivi di convenienza economica potrebbero essere collegati alla nomina, all’interno dell’OdV, di soggetti eventualmente già legati all’Ente da rapporti di lavoro autonomo (per esempio: componenti del Collegio Sindacale) o dipendente (per esempio l’Internal Auditor), cioè di soggetti che in qualche modo già operano – istituzionalmente
– in materia di controlli dell’Ente medesimo. E’ innegabile, a tale riguardo, che la scelta di tali soggetti potrebbe avere il vantaggio di ridurre i costi legati ai compensi dell’OdV.
I professionisti esterni
L’opportunità di riconoscere un compenso ai professionisti esterni chiamati a far parte di un OdV è certamente pacifica, e questo per almeno tre ordini di motivi. In primo luogo, la disciplina del codice civile in materia di compenso dei sindaci rappresenta un importante punto di riferimento; in effetti, secondo l’opinione comune, il tema del compenso dei sindaci è un aspetto saliente della loro disciplina, dal momento che “la preparazione professionale e l’impegno esigibile dai sindaci sono e restano strettamente legati anche alla corresponsione di un giusto compenso”.
In altri termini, il principio dell’onerosità della carica sindacale22 è funzionale a “garantire alle funzioni di controllo interno una certa serietà ed indipendenza, essendo ben noti i pericoli di dequalificazione legati al carattere meramente onorifico di certe cariche, pubbliche o private che siano”23; altresì, i principi di necessaria predeterminazione e invariabilità del compenso dei membri del Collegio Sindacale sono opportunamente volti ad “evitare variazioni della retribuzione in funzione del tipo di controllo esercitato e, quindi, collusioni con gli amministratori”.
Tali principi (onerosità dell’incarico, predeterminazione ed invariabilità del compenso), giustamente considerati cardini essenziali della indipendenza e autonomia dei sindaci e, di conseguenza, dell’efficiente e corretto funzionamento dell’organo di controllo, sembrano bene applicabili anche ai componenti esterni degli Organismi di Vigilanza.
In secondo luogo, è un principio generale del nostro ordinamento quello secondo cui la gratuità di una funzione giustifica il suo svolgimento con un grado di diligenza “debole”: basti pensare alla norma dell’art. 1710 del codice civile in tema di mandato; a contrario, quindi, l’onerosità dell’incarico a beneficio dei professionisti esterni imporrebbe loro una più intensa responsabilità con riferimento alla diligenza richiesta per l’espletamento dell’incarico.
Infine, l’onerosità o meno della carica inciderebbe con tutta probabilità anche sulla pronunzia giudiziale circa l’idoneità del Modello adottato dall’Ente a prevenire i reati-presupposto.
Se l’erogazione di un compenso a beneficio dei professionisti esterni (an) è pertanto necessaria, occorre ora riflettere sulle concrete modalità di determinazione dello stesso(quantum).Sul tema, un valido supporto potrebbe rinvenirsi nella Tariffa dei Dottori Commercialisti (D.P.R. 645/94), nella parte in cui viene determinato il compenso dovuto per l’esercizio delle funzioni di sindaco; il parallelo pare ragionevole per la similarità tra l’incarico in esame e quello del collegio sindacale.
Altresì, nel caso in cui il Consiglio di Amministrazione oppure l’Organismo (in composizione collegiale) elegga tra i propri membri un presidente, e attribuisca allo stesso specifici poteri aggiuntivi rispetto agli altri membri dell’OdV, appare del tutto legittima, come nel caso del Collegio sindacale, la prassi di remunerare il presidente in misura superiore rispetto ai semplici componenti; in materia è la stessa Tariffa dei Dottori Commercialisti che, all’art. 37 co. 5, stabilisce che “qualora il dottore commercialista abbia la carica di presidente del collegio i compensi di cui ai commi 2 e 3 siano maggiorati del 50%”.
Il compenso da corrispondere ad amministratori indipendenti e sindaci che ricoprono il ruolo di componente dell’OdV
Ci si chiede ora se ad altre figure professionali che possono far parte degli Organismi di Vigilanza – in particolare i sindaci e gli amministratori indipendenti – siano applicabili, con riferimento al tema dei compensi, le riflessioni sopra proposte con riguardo ai professionisti esterni.
In merito, come dianzi accennato, non vi è dubbio che sia per i sindaci, sia per gli amministratori indipendenti, l’assunzione di un nuovo incarico comporta lo svolgimento di nuove attività di controllo e, comunque, l’assunzione di nuove responsabilità; è pertanto opportuno che il compenso come componente dell’OdV, spettante al sindaco o all’amministratore indipendente, non venga “assorbito” da quello spettante per gli altri incarichi istituzionali nell’Ente.
Dovrebbero pertanto escludersi sia la soluzione più estrema, che considera il compenso attribuito in qualità di componente dell’OdV già integralmente coperto da in quello corrisposto in forza della carica di sindaco o di altre funzioni già remunerate, sia soluzioni “ibride”, secondo cui – al fine di garantire la distinzione tra i due compensi – venga prevista la semplice corresponsione di “gettoni presenza” per ogni partecipazione alle riunioni dell’OdV, senza alcuna previsione di un compenso ad hoc per questa funzione.
Peraltro, sia nel caso dei sindaci, sia nel caso degli amministratori indipendenti, il tema dell’indipendenza non può essere disgiunto dall’ammontare dei compensi ricevuti dall’Ente per cariche diverse; in altri termini, se è certamente opportuno, da un lato, che esistano meccanismi di remunerazione che prevedano compensi adeguati all’impegno e alle responsabilità dell’incarico, è altrettanto pacifico che gli stessi non possano essere tali da compromettere l’indipendenza del controllore.
Al riguardo, in effetti, sia il D.Lgs. n. 58/1998 (art. 148), sia il Codice di Autodisciplina (per esempio, punto 3), sia alcune normative specifiche prevedono l’incompatibilità tra le funzioni di controllore (sindaco o amministratore indipendente) e lo svolgimento di attività professionali in grado di comprometterne l’indipendenza.
Il compenso, quindi, è legittimamente dovuto e deve “remunerare” le nuove attività e responsabilità derivanti dalla nomina a componente dell’OdV; trova però il suo limite invalicabile nel mantenimento, in capo al controllore, dell’autonomia di giudizio e dell’indipendenza, le quali possono essere compromesse nel caso di fissazione di un compenso eccessivo.
Il compenso da corrispondere ai dipendenti
Ragionamenti almeno parzialmente differenti devono essere condotti nel caso di dipendenti (diversi dall’Internal Auditor e dagli amministratori esecutivi) chiamati a comporre l’OdV.
Dato per scontato che l’attività in parola si configuri quale prestazione di lavoro subordinato , si tratta ora di comprendere se la partecipazione del dipendente all’OdV – in termini di un ampliamento delle sue mansioni – comporti l’aumento della sua retribuzione, anche in considerazione del fatto che il compenso non avrebbe la finalità di “remunerare” l’indipendenza del componente medesimo.
In merito, è indubbio che l’attribuzione di tale carica ad un dipendente richiederebbe lo svolgimento di mansioni diverse ed ulteriori da quelle da lui già svolte, ovvero, in ogni caso, un ampliamento dei profili di responsabilità; appare pertanto del tutto legittima la corresponsione di un compenso ulteriore rispetto alla retribuzione, da realizzare attraverso un’integrazione del contratto di lavoro, finalizzata a retribuire il dipendente a fronte dei maggiori volumi di attività e/o delle maggiori responsabilità.
Anche all’Internal Auditor, qualora nominato componente dell’OdV, dovrebbe essere corrisposto un distinto ed autonomo compenso per le funzioni così esercitate, e questo per il già sottolineato ampliamento di funzioni e responsabilità conseguenti al nuovo incarico.
Come già osservato, la diversa tesi per la quale il controllo esercitato sulla concreta attuazione del Modello potrebbe essere considerato, lato sensu, tra i compiti istituzionali affidati alla funzione, non convince; anche a prescindere da un accrescimento nella latitudine delle attività dell’Organismo, infatti, l’assunzione dell’incarico medesimo comporta per se stessa un ampliamento delle responsabilità del soggetto.
Sul punto, la giurisprudenza ammette che tra lavoratore e datore di lavoro possano intercorrere contemporaneamente un rapporto di lavoro subordinato e uno autonomo; condizioni essenziali per la sussistenza di entrambe le tipologie contrattuali sono che le prestazioni non siano uguali, non siano strumentali tra loro e non abbiano tempi di esecuzione coincidenti.
Con riferimento alla prima condizione, pare pacifico che l’attività del dipendente in quanto tale e quella svolta come componente dell’OdV non siano “uguali”.Peraltro, le prestazioni sono certamente tra loro strumentali; un dipendente di una società, infatti, viene generalmente chiamato a far parte dell’OdV proprio perché soggetto “interno” all’ente medesimo, e quindi dotato di tutto un patrimonio di conoscenze della realtà aziendale di cui, fisiologicamente, un professionista “esterno” non può disporre. Anzi, è proprio il suo essere dipendente dell’ente che giustifica e rende opportuna la sua presenza all’interno dell’OdV, al fine di implementare l’efficienza delle funzioni di controllo sui Modelli e sulla loro concreta attuazione.Poi, in linea di principio pare ragionevole presumere che le riunioni dell’OdV e tutte le relative attività di controllo si svolgano durante il normale orario di lavoro, risultando quindi le stesse – di fatto – coincidenti temporalmente.
Pertanto, pare probabile che nella maggior parte dei casi l’attività del dipendente di un Ente – che partecipa all’OdV proprio in ragione della sua appartenenza all’Ente medesimo – si configuri come attività di lavoro subordinato e potrebbero essere remunerate, esplicitamente e specificamente, attraverso la previsione di un compenso ad hoc.
Autonomia e budget dell’OdV
Il requisito di autonomia non deve essere confuso con quello dell’indipendenza, anche se i due aspetti presentano talune similarità; in effetti, mentre il requisito dell’indipendenza pertiene maggiormente all’attitudine mentale e alla forma mentis del componente dell’OdV, il requisito dell’autonomia si concretizza piuttosto nella messa a disposizione dell’Organismo degli strumenti necessari al suo efficace funzionamento.
Nel caso dell’indipendenza, dunque, si è di fronte alla relazione psicologico-intellettuale che si instaura tra soggetto controllore e soggetto controllato; nel caso dell’autonomia, invece, ci si riferisce piuttosto alle modalità tecniche di espletamento dell’incarico.
Il requisito in parola è esplicitamente richiamato dal Legislatore nel Decreto, ai sensi del quale l’OdV deve essere dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo”.
Nell’ermeneutica di tale requisito, la dottrina intende l’autonomia26 da un lato quale libertà di azione e di autodeterminazione, dall’altro lato quale attribuzione all’Organismo di poteri autonomi.
Con riferimento al primo punto, l’Organismo deve avere piena libertà nella definizione del proprio regolamento operativo e del piano di audit, nella selezione delle attività di verifica e nell’organizzazione, in generale, del proprio lavoro.
Il secondo punto, invece, fa riferimento alla necessità – per l’Organismo – di essere dotato di poteri effettivi di ispezione e di controllo, di avere pieno accesso ai dati e alle informazioni aziendali rilevanti, di avere a disposizione un budget adeguato (anche in funzione della propria composizione e delle esigenze della società), di poter disporre della professionalità e dei supporti tecnici dell’Internal Audit e delle altre funzioni di controllo interno.
Dato per scontato che un OdV che non abbia piena libertà d’azione, nel senso sopra descritto, non può essere considerato autonomo, resta da approfondire il tema del budget da assegnare all’OdV, in relazione al quale il Decreto non fornisce indicazioni esplicite; la necessità di disporre di un budget rientra, peraltro, nell’ottica di garantire e rendere concreta l’autonomia finanziaria dell’Organismo e deriva dall’attribuzione allo stesso dei “poteri di iniziativa e di controllo”di cui all’art 6, comma 1, lett. b) del Decreto.E’ difficile, infatti ipotizzare una reale attuazione di un potere di controllo senza la possibilità di “attivazione”, da parte dell’Organismo, di un autonomo utilizzo di una dotazione economica, soprattutto laddove le strutture interne aziendali risultino insufficienti o inadatte. Per tale motivo, pur in mancanza di una esplicita disposizione normativa, anche le associazioni di categoria, nella stesura delle proprie linee guida per l’adozione dei Modelli, riportano riferimenti puntuali all’effettività dell’autonomia finanziaria. A titolo esemplificativo, le Linee Guida di Confindustria precisano che, durante la pianificazione del budget aziendale, l’organo dirigente dovrà assegnare all’Organismo una dotazione adeguata di risorse finanziarie, sulla base di una proposta formulata dall’Organismo stesso, per ogni esigenza necessaria al corretto svolgimento dei suoi compiti.
Pertanto, il Modello deve prevedere che sia attribuito all’OdV – in prima battuta all’atto di nomina e successivamente con cadenza almeno annuale – un budget di spesa adeguato per lo svolgimento dell’azione di vigilanza e di controllo, in coerenza con le dinamiche e le dimensioni dell’organizzazione aziendale di riferimento. Le modalità di utilizzo del budget da parte dell’Organismo andranno per contro previste nel regolamento di funzionamento di quest’ultimo. All’OdV deve essere poi attribuita la facoltà di richiedere l’ampliamento del budget, per specifiche esigenze prospettate di volta in volta, allo scopo di essere sempre nella condizione di svolgere i propri compiti in piena autonomia economica e gestionale.
La quantificazione della somma da mettere a disposizione dell’Organismo è stata spesso oggetto di discussione; possibili soluzioni sono la definizione in una percentuale delle spese di consulenza o una percentuale dei compensi assegnati ai membri dell’Organismo. Tali soluzioni, peraltro, si rivelano apodittiche, in quanto slegate dall’analisi delle ragioni che possono risultare alla base della necessità, per l’Organismo, di fruire degli importi resi disponibili.
In effetti, occorre distinguere le previsioni aziendale di costo relative al funzionamento del Modello lato sensu, e disponibilità il cui utilizzo è a insindacabile discrezione dell’OdV (il budget dell’Organismo dovrebbe identificarsi con queste ultime). L’Ente, in altri termini, deve porre l’OdV nelle condizioni di poter svolgere la sua attività ordinaria, altresì consentendo allo stesso l’elasticità di spesa necessaria per interventi di carattere straordinario.
Ad esempio, spesso (in assenza della funzione di Internal Audit nell’ambito di una struttura organizzativa) è previsto l’affidamento in outsourcing del compito di svolgere verifiche ispettive sul funzionamento del Modello secondo metodologie tipiche della revisione interna; il relativo costo rientra indubbiamente nelle previsioni aziendali di spesa relative
al funzionamento del Modello medesimo. Peraltro, anche in tali casi dovrebbe essere pur sempre prevista un’autonoma, ulteriore possibilità di spesa da parte dell’Organismo, che potrebbe ad esempio riguardare specifiche indagini da affidare, in circostanza particolari, a soggetti esterni dotati delle competenze tecniche necessarie.
Naturalmente, la quantificazione della parte “discrezionale” del budget risulta in sé problematica, quale che sia la soluzione prevista (non prevedere alcun limite di spesa; prevedere un limite, con possibilità di sconfinamento notiziandone – anche ex post – l’organo amministrativo o, se del caso, il collegio sindacale; prevedere dei limiti rigidi).
Occorre comunque relazionare la scelta al contesto aziendale di riferimento, con particolare attenzione al grado di esposizione di quest’ultimo al rischio di commissione di reati rilevanti ai sensi del Decreto, nonché all’eventuale pregresso accadimento, in tale contesto, di specifici episodi penalmente rilevanti che accrescano la necessità di interventi dell’Organismo di natura straordinaria.
La definizione dell’ammontare del budget dell’OdV può essere altresì sensibilmente influenzata, come già in precedenza osservato, dalla presenza di specifiche professionalità già all’interno dell’OdV; un’armonica e variegata composizione del medesimo, funzionale al perseguimento del requisito di professionalità, può consentire di evitare / ridurre notevolmente la necessità di ricorrere a prestazioni o consulenze esterne.
Alla luce di queste precisazioni circa l’utilizzo di risorse finanziarie aziendali da parte dell’OdV, risulta evidente come un giudizio di non efficacia del Modello che si fondasse unicamente sulla mancata utilizzazione del budget da parte dell’Organismo risulterebbe quantomeno affetto da un eccesso di semplificazione.